Secondo i giudici della Corte di Appello di Venezia, prima sezione, non sussiste l’obbligo di assistenza legale in mediazione, inclusi i procedimenti di mediazione in cui è condizione di procedibilità, per i seguenti motivi:
– se la controversia è fra un consumatore e un professionista, obbligare un consumatore a farsi assistere da un avvocato è in contrasto con la direttiva 11/UE/2013, che esplicitamente esclude che gli stati membri possano prevedere che l’assistenza legale sia obbligatoria (come stabilito dalla Corte di Giustizia UE, prima sezione, nella nota sentenza 14 giugno 2017, causa C-75/16, su impulso del tribunale di Verona relativamente a una mediazione in materia bancaria);
– in ogni caso, il D.Lgs. 28/2010 pur prevedendo che le parti partecipino a tutti gli incontri di mediazione assistiti da un avvocato, non prevede alcuna sanzione –inclusa l’eventuale invalidità del procedimento di mediazione– in caso di partecipazione al procedimento senza assistenza legale; lo stesso decreto legislativo, poi, all’art. 12, prevede il caso specifico in cui una o più parti non siano assistite da un avvocato, statuendo che “ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico […].
Per i giudici della Corte d’Appello di Venezia, quindi, unico effetto della mancanza di assistenza legale è la non esecutorietà dell’accordo di mediazione, che in questo caso, per diventare titolo esecutivo, dovrà essere omologato dal Presidente del Tribunale.
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…omissis…
Conclusioni dell’appellante principale:
“In via principale: in riforma dell’appellata sentenza revocarsi, dichiararsi nullo o annullarsi il decreto ingiuntivo n. 4918/2015 emesso dal Tribunale di Padova a favore di Associazione Conciliatori del Veneto contro il Sig. xxxxxx, e per l’effetto dichiararsi che nulla è dovuto dall’appellante all’Organismo di mediazione Associazione conciliatori del veneto e/o al Mediatore da questo designato in relazione al procedimento di mediazione n. 466/2014 avviato in data 17/11/2014 dalla Sig.ra xxx nei confronti dei sig.ri xxxxxx, nonché nei confronti del Sig. xxxxx per ottenere la divisione dell’eredità del defunto Sig. xxxxxxx.
In ogni caso: con vittoria di spese e competenze di entrambi i gradi del giudizio”.
Conclusioni di parte appellata/appellante incidentale:
“In via preliminare: dichiararsi l’inammissibilità dell’appello.
Nel merito: respingersi l’appello e quindi confermarsi la sentenza di 1° grado.
In subordine: nel caso di accoglimento dell’appello, limitarsi le pretese dell’appellante ad € 3.098,80 (valore dell’indennità di mediazione per singolo partecipante).
In via incidentale: in riforma della sentenza di 1° grado n. 2436/17 Tribunale di Padova in punto spese di lite, condannare il sig. Stefano Boscolo alla rifusione delle spese legali del giudizio di opposizione a D.I. a favore dell’Associazione Conciliatori del Veneto.
In ogni caso: spese e competenze di lite di entrambi i gradi del giudizio interamente rifuse, oltre spese generali, CPA e IVA, tasse di registro del decreto ingiuntivo e sentenza di 1° grado.
In via istruttoria: riservata ogni istanza istruttoria e richiamate sul punto quelle dedotte in 1° grado”.
Svolgimento del processo
1. Con distinti atti di citazione, xxx Luca, da un lato, e l’attuale appellante, xxx, dall’altro, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 4918/15, emesso dal Tribunale di Padova il 28.12.2015, che aveva loro ingiunto il pagamento in favore dell’Associazione Conciliatori del Veneto della somma di € 9.296,40 a titolo di indennità di mediazione ex art. 1, lettera h), D.M. 18 ottobre 2010, n. 180, assumendo, sulla base di una pluralità di ragioni non completamente sovrapponibili, di nulla dovere all’Associazione ricorrente per la causale dalla stessa dedotta a fondamento della pretesa azionata in via monitoria e in particolare, quanto alla posizione di … Stefano, deducendo di non avere in realtà mai aderito alla mediazione di cui si tratta (n. 466/2014 avviata il 17.11.2014 dalla sig. … davanti all’Associazione Conciliatori del Veneto nei confronti dei sig.ri Luca … … per la divisione dell’eredità del defunto sig… ) e comunque l’invalidità della procedura di cui si tratta (non essendo stato in questa assistito da un avvocato, la cui tutela doveva ritenersi invece necessaria sulla base di quanto previsto dagli artt. 5, 8 e 12 del D.L.gs n. 28/2010, come modificato dalla legge n. 98/2013, di conversione del D.L. n. 69 del 21.6.2013), con conseguente insussistenza del presupposto della pretesa creditoria oggetto di causa.
2. L’Associazione Conciliatori del Veneto si costituiva in entrambi i procedimenti, chiedendo, in via preliminare di rito, l’abbreviazione dei termini e la riunione dei procedimenti e, nel merito, il rigetto delle opposizioni.
3. Riuniti i procedimenti con ordinanza del 6.6.2016 in ragione della connessione oggettiva e parzialmente soggettiva delle due opposizioni, respinta con provvedimento del 25.7.2016 l’istanza di provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto e depositate nei termini concessi le memorie integrative ed istruttorie ex art. 183 c.p.c., la causa, senza svolgimento di attività istruttoria, è stata decisa con la sentenza impugnata con la quale il Tribunale di Padova, definitivamente pronunciando, ritenuto – per quanto qui ancora interessa – che … avesse aderito alla mediazione contestata e che la mancata assistenza … da parte di un avvocato non comportasse alcuna conseguenza in ordine alla validità e alla regolarità della procedura di mediazione e al conseguente diritto dell’Associazione di mediazione a ricevere il pagamento dell’indennità, ha:
i) respinto le opposizioni e confermato il decreto ingiuntivo opposto, dichiarandolo esecutivo;
ii) compensato integralmente tra le parti le spese del giudizio di opposizione.
4. Ha proposto tempestivo appello … sulla base di due motivi, censurando nello specifico:
a) la statuizione secondo cui lo stesso avrebbe aderito alla mediazione n. 466/2014, mentre la documentazione agli atti proverebbe in realtà il contrario e cioè che la procedura di mediazione si era svolta in termini irregolari e comunque illegittimamente e senza la partecipazione effettiva di tutte le parti invitate (v. atto d’appello, considerazioni da pag. 4 a pag. 8);
b) la statuizione secondo cui la mancata assistenza di un difensore nella procedura di mediazione:
i) non risultava rilevante in causa, potendo essere esaminata esclusivamente nell’ambito del processo per il quale la mediazione costituiva condizione di procedibilità (e quindi nella causa riguardante la successione ereditaria controversa);
ii) non comportava in ogni caso conseguenze in relazione alla azionabilità della pretesa creditoria dell’Associazione di mediazione, che aveva comunque svolto l’attività richiesta, non assumendo per contro un concreto rilievo la circostanza che la mediazione non avesse avuto successo (v. atto d’appello, considerazioni da pag. 8 a pag. 15), e concludendo, quindi, nei seguenti termini:
“In via principale: in riforma dell’appellata sentenza revocarsi, dichiararsi nullo o annullarsi il decreto ingiuntivo n. 4918/2015 emesso dal Tribunale di Padova a favore di Associazione Conciliatori del Veneto contro … e, per l’effetto, dichiararsi che nulla è dovuto dall’appellante all’Organismo di mediazione Associazione conciliatori del Veneto e/o al Mediatore da questo designato in relazione al procedimento di mediazione n. 466/2014 avviato in data 17/11/2014 dalla sig.ra … nei confronti dei sig.ri … , nonché nei confronti del sig. … , per ottenere la divisione dell’eredità del defunto sig. …
In ogni caso, con vittoria di spese e competenze di entrambi i gradi del giudizio.
Contrariis reiectis”.
5. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in forma telematica l’1.4.2018 si è costituita nel presente giudizio di secondo grado l’Associazione Conciliatori del Veneto, dando atto che la statuizione contenuta in sentenza era stata spontaneamente adempiuta dalle parti, ciascuna delle quali aveva versato la quota di rispettiva spettanza, e deducendo:
a) in via preliminare, l’inammissibilità del gravame per non essere stata impugnata la statuizione della “incompetenza” del giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in relazione alla pretesa creditoria avanzata dal mediatore a valutare la correttezza dello svolgimento della procedura di mediazione, di spettanza del solo giudice del processo pregiudicato,
b) e, nel merito, l’infondatezza dei motivi dedotti, essendosi svolta la procedura di mediazione in maniera regolare e con la fattiva partecipazione dell’appellante … , che aveva pure avanzato una propria contro-proposta, e non risultando necessaria l’assistenza di un avvocato, come chiaramente evincibile dalla disciplina di riferimento: decreto legislativo n. 28/2010 e D.M. 180/2010, e proponendo altresì appello incidentale in relazione alla statuizione di compensazione integrale delle spese di lite in quanto priva di concreta giustificazione a fronte della piena soccombenza dell’opponente, concludendo, quindi, nei seguenti termini:
“in via preliminare: dichiararsi l’inammissibilità dell’appello.
Nel merito: respingersi l’appello e quindi confermarsi la sentenza di 1° grado.
In subordine: nel caso di accoglimento dell’appello, limitarsi le pretese dell’appellante ad € 3.098,80 (valore dell’indennità di mediazione per singolo partecipante).
In via incidentale: in riforma della sentenza di 1° grado n. 2436/17 Tribunale di Padova in punto spese di lite, condannare il sig. … alla rifusione delle spese legali del giudizio di opposizione al D.I. a favore dell’Associazione Conciliatori del Veneto.
In ogni caso, spese e competenze di lite di entrambi i gradi del giudizio interamente rifuse, oltre spese generali, cpa ed iva, tasse di registro di sentenza di 1° grado”.
6. Precisate le conclusioni mediante deposito di corrispondenti atti scritti, la causa è stata trattenuta in decisione alla scadenza dei termini concessi per il deposito degli scritti conclusivi, con decorrenza dall’udienza sopra indicata, tenutasi mediante trattazione scritta.
Ragioni della decisione.
A) Sull’eccezione di inammissibilità dell’appello principale proposta dalla Associazione appellata (cfr. comparsa di risposta d’appello, pag. 4 – 6).
1. La difesa dell’Associazione Conciliatori del Veneto deduce in via pregiudiziale che l’appello principale proposto da Boscolo Stefano dovrebbe essere dichiarato inammissibile, avendo il primo giudice affermato che tutte le eccezioni relative alla regolarità della procedura di mediazione non potrebbero trovare ingresso nella sede dell’opposizione a decreto ingiuntivo de qua, ma potrebbero essere esaminate esclusivamente nella causa per la quale la mediazione è condizione di procedibilità, ovverosia – nel caso di specie – nella causa riguardante la successione controversa tra le parti, e quindi, nella sostanza, declinato la propria “competenza” a valutare le eccezioni dedotte dall’opponente in relazione alla propria partecipazione alla procedura di mediazione con statuizione che però, non essendo stata specificamente impugnata, sarebbe divenuta definitiva, rendendo conseguentemente superflua la disamina delle censure già dedotte in primo grado e riproposte con l’atto d’appello avverso la ritualità e la legittimità della procedura di mediazione, sia pure allo specifico fine di omettere il pagamento dell’indennità di mediazione richiesta dall’ingiungente.
2. La censura è infondata.
2.1 Il giudice di primo grado ha sul punto affermato: “(omissis) Senonché, l’eccezione, così come tutte quelle relative alla correttezza dello svolgimento della procedura di mediazione, non trovano ingresso nella sede dell’opposizione a decreto ingiuntivo de qua ma nella causa per la quale la mediazione è condizione di procedibilità, ovvero nella causa riguardante la successione controversa tra le parti.
La stessa sentenza del Tribunale di Torino su menzionata è pronunciata dal Giudice della causa di merito successiva alla mediazione senza esito positivo.
È necessario infatti distinguere tra validità della mediazione ai fini della causa nella quale costituisce condizione di procedibilità (in cui deve essere accertata la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge, compresa la necessità o meno dell’assistenza della parte ad opera di un avvocato e dove è pronunciata la eventuale conseguente improcedibilità della domanda) e procedimento di mediazione.
Quest’ultimo si è comunque svolto, anche se senza esito positivo, ovvero senza accordo tra le parti”.
2.2 Ebbene, a prescindere da ogni considerazione in merito all’improprietà dell’utilizzo del termine “competenza” – essendo evidente che il giudice di primo grado non ha affatto inteso declinare la propria “competenza” a decidere sulla pretesa creditoria avanzata dall’organismo di mediazione, né sulle ragioni poste a fondamento delle opposizioni proposte avverso il richiamato decreto ingiuntivo, essendosi in realtà limitato ad affermare che le censure dedotte dagli ingiunti non rilevavano in relazione al profilo dell’effettiva spettanza dell’indennità di mediazione in capo all’Associazione Conciliatori, ma esclusivamente sotto quello del “quantum” riconoscibile, e quindi in relazione al profilo valutativo della prestazione resa, ritenuta comunque compensabile ai sensi delle disposizioni di riferimento: decreto legislativo 28/2010 e D.M. 180/2010 – va considerato in senso contrario che l’appellante ha investito con l’appello anche tale statuizione, sia pure trattandone, non nel primo, ma nel secondo motivo, relativo alla rilevanza ai fini di causa dell’omessa assistenza da parte di un avvocato nella procedura di mediazione, deducendo alle pagine 10 e 11 dell’atto d’appello la necessità di tenere in considerazione le modalità operative del mediatore e la validità della procedura ai fini della definizione del compenso rivendicato dall’organismo di mediazione, nello specifico affermando: “(omissis) Ancora una volta risulta evidente l’errore in cui è incorso il Tribunale di Padova, che afferma che il legislatore non avrebbe previsto alcuna conseguenza in caso di mancata assistenza legale delle parti in mediazione, e che tutte le eccezioni relative alla correttezza dello svolgimento della procedura di mediazione, non possano trovare ingresso nella sede dell’opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto per il compenso del Mediatore bensì solo nella causa per la quale la mediazione è condizione di procedibilità, ovvero nella causa riguardante la successione controversa tra le parti.
Il Tribunale di primo grado sostiene in particolare che sia necessario distinguere tra validità della mediazione ai fini della causa nella quale costituisce condizione di procedibilità (in cui deve essere accertata la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge, compresa la necessità o meno dell’assistenza della parte ad opera di un avvocato e dove è pronunciata la eventuale conseguente improcedibilità della domanda) e procedimento di mediazione, e dà erroneamente per assodata la circostanza che tutte le parti avessero aderito alla mediazione (ciò che non era punto pacifico alla luce di quanto sopra premesso), per non essere a suo dire prevista alcuna formalità di espressione dell’adesione (quand’anche così fosse quantomeno il Mediatore avrebbe dovuto accertarsi dell’avvenuta adesione in un qualche modo ad operai delle parti, e verificare la volontà delle parti di aderire o meno fornendo tutte le informazioni riguardanti la mancata partecipazione e la mancata assistenza di un avvocato).
In realtà è evidente che il comportamento del Mediatore e dell’Organismo di Mediazione, così come lo svolgimento della procedura di mediazione stessa, dovranno essere necessariamente tenuti in considerazione ai fini della definizione del compenso dello stesso, e le eccezioni e censure riguardanti le modalità operative del mediatore e la validità della procedura ben potranno trovare ingresso in sede di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’Organismo di mediazione contro le parti ed avente ad oggetto il compenso dallo stesso richiesto.
Erra il Giudice nel considerare di poco momento la verifica dell’avvenuta regolare adesione del Sig. … alla mediazione, atteso che il diritto del Mediatore al compenso sarebbe maturato solo una volta che le parti avessero aderito e manifestato, l’intenzione di proseguire la mediazione. Nel caso di specie è palese che l’appellante non abbia mai aderito al tentativo di mediazione, e che anzi abbia manifestato l’intenzione di rivolgersi ad altro Organismo, proprio per mancata ricezione di comunicazioni e chiarimenti da parte dello stesso”.
B) L’appello principale.
Pur ammissibile, il gravame è comunque infondato. In particolare, l’appellante … lamenta: i) con il primo motivo, di essere stato considerato erroneamente aderente alla procedura di mediazione gestita dalla ricorrente Associazione Conciliatori del Veneto e di avere, quindi, ingiustamente subito l’addebito del pagamento di somme che non potevano invece essergli legittimamente richieste;
ii) con il secondo motivo, l’erroneità della statuizione secondo cui la mancata assistenza da parte di un avvocato al procedimento di mediazione non abbia comportato sanzioni, o comunque conseguenze incidenti sulla maturazione del diritto all’indennità in capo all’Organismo di mediazione, il quale, avendo condotto e gestito una procedura di mediazione illegittima, non poteva fondatamente vantare in relazione all’attività svolta alcun diritto al riconoscimento della corrispondente indennità, pure prevista per legge. Seguendo l’ordine dell’atto di impugnazione si osserva quanto segue.
1. Il primo motivo.
1.1 Con il primo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza in relazione al profilo della ritenuta propria adesione al procedimento di mediazione, della quale invece non vi sarebbe alcuna prova, così come non vi sarebbe alcuna prova della propria partecipazione al primo incontro di mediazione. Lamenta nello specifico come non siano state adeguatamente valorizzate dal Tribunale le seguenti circostanze:
i) l’assenza di prova in merito alla propria partecipazione al primo incontro del 13.1.2015;
ii) la richiesta di chiarimenti che aveva presentato all’Associazione Conciliatori a fronte della richiesta di pagamento dell’indennità di mediazione da questa avanzata già con la missiva del 20.1.2015, e quindi prima ancora che l’Organismo potesse aver acquisito un’effettiva conoscenza di quali parti avrebbero effettivamente aderito alla procedura; richiesta di chiarimenti che si giustificava proprio in quanto lo stesso non aveva aderito alla mediazione;
iii) il contenuto della missiva del 26.2.2015 con la quale il mediatore incaricato aveva trasmesso la propria proposta di conciliazione, dando peraltro atto che il sig. … non aveva aderito alla procedura di mediazione;
iv) la determinazione espressa con la mail del 27.2.2015 nella quale aveva manifestato la propria insoddisfazione per il livello qualitativo delle prestazioni professionali rese dall’Organismo di conciliazione, di cui aveva chiesto la sostituzione;
v) il contenuto dell’ulteriore propria comunicazione del 22.3.2015 con la quale aveva evidenziato la circostanza di non essere stato messo in condizione di poter essere tutelato da un legale ed evidenziava ulteriori mancanze dell’organismo di mediazione.
1.2 Le censure dedotte con il motivo in esame sono infondate e vanno pertanto respinte, in tal senso deponendo:
a) la circostanza che l’opponente, ricevuto l’invito a partecipare al primo incontro di mediazione (ex art. 8, co. 1, D.L.gs 28/2010), non avesse formalizzato per iscritto il proprio diniego ad intervenire – nel qual caso il mediatore incaricato dall’Organismo avrebbe predisposto apposito verbale di diniego ad intervenire della parta convocata – ma avesse, anzi, partecipato al primo incontro, nonché ad altri successivamente tenutisi, non aderendo alla proposta avanzata dal mediatore, ma avanzando a un certo punto una propria autonoma proposta conciliativa;
b) l’esame dello sviluppo, temporale e di contenuti, che ebbe la procedura di mediazione curata dall’Associazione ricorrente, così come illustrato dalla documentazione in atti, evidenziante l’effettiva misura della partecipazione alla stessa dell’opponente;
c) l’assenza di formalità procedurali condizionanti l’attivazione e lo sviluppo della procedura di mediazione e il conseguente diritto dell’Organismo di mediazione al pagamento dell’indennità, e quindi l’irrilevanza, ai fini di cui si tratta, dell’affermazione di non avervi formalmente aderito, atteso che la partecipazione alla stessa risultava invece palese, altra questione essendo quella relativa alla mancata adesione alla proposta avanzata dall’istante o dal mediatore, fatto che si pone “a valle” dell’adesione, sia pure di fatto, al procedimento di mediazione nel cui contesto quelle proposte – così come, peraltro, quella autonomamente proposta – erano state formulate;
d) la disciplina dell’indennità di mediazione dettata dall’art. 16 [disciplinante i “Criteri di determinazione dell’indennità”] del D.M. n. 180/2010, secondo cui: “9. Le spese di mediazione sono corrisposte prima dell’inizio del primo incontro di mediazione in misura non inferiore alla metà. Il regolamento di procedura dell’organismo può prevedere che le indennità debbano essere corrisposte per intero prima del rilascio del verbale di accordo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo. In ogni caso, nelle ipotesi di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo, l’organismo e il mediatore non possono rifiutarsi di svolgere la mediazione.
10. Le spese di mediazione comprendono anche l’onorario del mediatore per l’intero procedimento di mediazione, indipendentemente dal numero di incontri svolti. Esse rimangono fisse anche nel caso di mutamento del mediatore nel corso del procedimento ovvero di nomina di un collegio di mediatori, di nomina di uno o più mediatori ausiliari, ovvero di nomina di un diverso mediatore per la formulazione della proposta ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo. 11. Le spese di mediazione indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento”.
1.3 Nello specifico, la procedura di mediazione 466/2014 si è svolta nei seguenti termini:
i) in data 17.11.2014 la sig.ra … , assistita dagli avv.ti … , depositava istanza di mediazione nei confronti della madre, Carla …
ii) l’Organismo adito (Associazione Conciliatori del Veneto) fissava il primo incontro di mediazione il giorno 10.12.2015, conformemente, quindi, al termine di 30 giorni dal deposito dell’istanza previsto dall’art. 8 del D.L.gs 28/2010 [“1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante (omissis)”], comunicando la convocazione agli interessati a mezzo raccomandata a/r, inviata in data 1.12.2014 e ricevuta da … il 4.12.2014, da … il 4.12.2014 e da … il 5.12.2014;
iii) su richiesta … e di … , e con il consenso dell’Organismo di mediazione, il primo incontro veniva posticipato, in prima battuta al giorno 18.12.2014, e successivamente alla data del 13.1.2015, così da permettere a tutte le parti del procedimento di presenziare;
iv) a detto primo incontro si presentavano tutte le parti invitate per il primo incontro di mediazione (la circostanza – solo ora contestata – è in realtà, come meglio si dirà più oltre, non solo ormai incontestabile, ma pacifica, avendone dato puntualmente atto lo stesso opponente nelle pagine 2 e 3 del proprio atto di opposizione);
v) veniva dunque concordato un successivo incontro per il 2.2.2015, di cui veniva data comunicazione dal mediatore alla segreteria dell’Organismo;
vi) avuta conferma da parte del mediatore del fatto che nessuna delle parti convenute aveva manifestato la volontà di non aderire al procedimento di mediazione e che era stato fissato concordemente tra le parti e il mediatore il secondo incontro di mediazione, la segreteria dell’Organismo procedeva a chiedere a tutti – sempre a mezzo di posta elettronica, i cui indirizzi le erano stati previamente comunicati da ciascuno dei soggetti coinvolti – il versamento dell’indennità dovuta, ai sensi dell’ art. 16, comma 9, del D.M. 180/2010, secondo cui “Le spese di mediazione sono corrisposte prima dell’inizio del primo incontro di mediazione in misura non inferiore alla metà”;
vii) a fronte di tale richiesta di versamento dell’indennità dovuta, … , sempre a mezzo di posta elettronica, chiedeva che gli venissero comunicati i riferimenti della norma disponente che il pagamento avvenga prima del termine del procedimento, ma non opponeva la propria estraneità alla procedura di mediazione di riferimento. La segreteria dell’Organismo rispondeva riportando nella risposta il testo integrale dell’art. 16 del D.M. 180/2010 e l’art. 14 del D.L.gs 28/2010, affinché la parte potesse disporre di un’informativa completa sulla regolamentazione ministeriale delle spese di mediazione e fosse chiaro che l’indennità avrebbe dovuto essere versata all’Organismo e non direttamente al mediatore designato;
viii) l’incontro del 2.2.2015, quantunque concordato, veniva disertato da tutte le parti, sicché all’incontro presenziavano solamente il mediatore e la parte istante, la quale decideva di formulare una proposta conciliativa da presentare alle parti convenute. Tale proposta conciliativa veniva portata a conoscenza di tutte le parti convenute per il tramite dell’Organismo di mediazione su impulso del mediatore;
ix) … rispondeva alla comunicazione inviata dall’Organismo contenente la proposta conciliativa avanzata dalla parte istante nel procedimento di mediazione, affermando di non avere partecipato all’incontro in quanto attendeva una comunicazione scritta, sebbene la stessa non risultasse effettivamente necessaria essendo stata la data concordata tra le stesse parti al primo incontro di mediazione. Nella stessa e-mail riferiva di star considerando la richiesta di pagamento in quanto non comprendeva se fosse necessario un pagamento collettivo o individuale, a dimostrazione del fatto che lo stesso risultava parte attiva nel procedimento ed era consapevole della doverosità del versamento dell’indennità di mediazione;
x) stante l’infruttuosità della proposta formulata dalla parte istante, il mediatore riteneva di formulare a propria volta alle parti una propria autonoma proposta conciliativa ai sensi dell’art. 11, comma 1, D.L.gs n. 28/2010 [secondo cui, “Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento”], che veniva inviata a tutte la parti in data 26.2.2015;
xi) ricevuta la proposta del mediatore, … rispondeva all’Organismo in data 27.2.2015, lamentando che la propria proposta conciliativa non fosse stata adeguatamente considerata, ribadendo, peraltro, la propria disponibilità alla mediazione, nello specifico deducendo: “Ricordo che non ho partecipato alla precedente riunione per non aver ricevuto una comunicazione scritta.
2. Avete affermato che: “tutte le parti convenute hanno deciso di non partecipare alla sessione odierna”.
3. Ho inviato una precedente richiesta di spiegazioni sui punti 1 e 2 il 3/2/2015 e 18/2/2015 e non ho ottenuto risposta.
4. Durante l’ultima riunione alla quale ho partecipato ho proposto che si considerasse l’idea dì non dividere tutto il patrimonio tra gli eredi, ma che si considerasse la possibilità di una gestione comune, fatte salvo le rispettive parti percentuali, al fine di rendere massimo il profitto di tutti. Con la raccomandata alla quale rispondo affermate di non aver ricevuto proposte. Cito: “non avendo le parti convenute prodotto alcuna documentazione né avendo dimostrato disponibilità e senso collaborativo, e non avendo nemmeno riscontrato la proposta conciliativa formulata dall’istante, che poteva essere un punto di partenza per una discussione costruttiva. Detto questo comunico che io sono favorevole alla mediazione ma che ritengo il servizio da Voi reso di qualità troppo bassa, e chiedo che venga passato ad altro ufficio svolgente la medesima mansione. Grazie per l’attenzione”;
xii) in data 3.3.2015 la parte istante accettava la proposta di mediazione avanzata dal mediatore. Non avendo invece le parti convenute ancora riscontrato detta proposta del …, la Segreteria dell’Organismo di mediazione in data 9.3.2015 sollecitava tutte le parti ad esprimersi al riguardo;
xiii) in data 17.3.2015, … lo comunicavano per il tramite del proprio legale l’adesione alla proposta del mediatore, specificando alcune condizioni necessarie ai fini della stessa. Del riscontro positivo veniva reso edotto anche il sig. vvvv;
xiv) il mediatore dunque, in data 19.3.2015 dava riscontro a tutte le parti sottolineando la possibilità di un dialogo costruttivo incentivato dalla proposta conciliativa che aveva direttamente avanzato, invitando il sig. Stefano Boscolo ad esprimersi sulla proposta, considerato che non lo aveva ancora fatto;
xv) quest’ultimo non riscontrava l’invito del mediatore, il quale, considerato che anche le altre parti non riuscivano a raggiungere una soluzione soddisfacente, convocava l’ultimo incontro per dare atto del fallimento del procedimento di mediazione;
xvi) all’ultimo incontro di mediazione del 13.4.2015, indetto al fine di fare sottoscrivere alle parti il verbale di fallita conciliazione ai sensi dell’art. 11, comma 4, del D.L.gs 28/2010, partecipavano l’avv. … per l’istante con procura speciale notarile, in virtù della quale sottoscriveva il verbale; l’avv. … , in rappresentanza delle parti … (senza essere però munito di idonea procura e quindi senza disporre dei poteri necessari per la sottoscrizione), nonché Stefano Boscolo, che però rifiutava espressamente di sottoscrivere il verbale, allontanandosi.
1.4 Ebbene, le esposte circostanze – e quindi l’intera cronologia degli incontri e i contenuti delle riunioni svoltesi nell’ambito della procedura di mediazione – risultano dal verbale di chiusura del 13.4.2015 (l’unico normativamente previsto come obbligatorio), che il giudice di primo grado ha ritenuto incontestabile non essendo stato impugnato di falso [“(omissis) La mediazione di cui è causa si è svolta come indicato dal verbale del 13/04/2015, ovvero con la scansione temporale di cui al predetto verbale e con la partecipazione degli attuali opponenti come ivi indicato. Detto verbale, benché censurato da … , così come lo svolgersi della procedura, non è stato impugnato per falsità e pertanto costituisce prova nel presente giudizio sullo svolgimento dei fatti”], con statuizione qui non diversamente valutabile, non essendo stata fatta oggetto di specifica impugnazione. Si tratta, peraltro, di un dato – la presenza senza opposizioni di … al primo incontro di mediazione – che risulta chiaramente ammesso dallo stesso … nel proprio atto di citazione in opposizione, donde l’evidente infondatezza delle considerazioni svolte al riguardo nell’atto d’appello (pag. 5 e 6).
Se infatti, ora, l’appellante deduce che [v. atto d’appello, da pag. 5 a pag. 6]: “il verbale del 13.4.2015, che a dire dell’Organismo di Mediazione rappresenterebbe il resoconto di quanto accaduto in occasione di un incontro tenutosi tra le parti in mediazione in quella data, non è altro che un documento redatto da parte opposta, e dunque di parte, non sottoscritto da coloro che il Mediatore assume abbiano partecipato all’incontro e nel quale viene asserito che le parti invitate avrebbero aderito alla mediazione, ancorché non si alleghi alcuna prova a sostegno ditale assunto (non esiste alcun verbale del primo incontro, né è dato sapere se si tenne e chi vi partecipò). Nel medesimo verbale viene anche affermato dal Mediatore che tutte le parti avrebbero partecipato al primo incontro di mediazione, asseritamente tenutosi in data 13/1/2015. Non esiste tuttavia alcun verbale della riunione che si sarebbe tenuto in tale data, né alcuna prova dell’avvenuta partecipazione del Sig… al primo incontro di mediazione, del quale non v’è traccia.
Il Giudice erroneamente pertanto ritiene assodato, basandosi sul verbale del 13.4.2015, che le parti invitate avessero tutte aderito alla mediazione, e che avessero tutte partecipato al primo incontro asseritamente tenutasi in data 13.1.2015, e all’incontro tenutosi in data 13/4/2015. Non v’è alcuna prova dell’esistenza di un primo incontro di mediazione al quale il Sig. … abbia partecipato, del quale non esiste, né un verbale né traccia alcuna, né v’è prova dell’adesione dello stesso alla mediazione”, nella citazione del 12.2.2016 (e quindi nell’atto che ha cristallizzato le doglianze avverso la pretesa creditoria azionata in via monitoria dall’Organismo) aveva ricostruito in tutt’altro modo i termini in cui si era svolta la procedura di mediazione, dando puntualmente atto della propria conoscenza della procedura e di avervi fattivamente partecipato, affermando nello specifico che [cfr. atto di citazione in opposizione, da pag. 2 a pag. 5]: “In data 17.11.2014, la sig… , depositava presso l’Associazione Conciliatori del Veneto istanza di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1, D.L.gs. 28/2010, nei confronti della madre sig.ra… e dei fratelli sig.ri … , in relazione alla divisione dell’asse ereditario in morte del padre sig. … Alla data del primo incontro, fissato per il 10.12.2014, il sig. … si presentava personalmente presso l’Organismo di mediazione, per capire di cosa si trattasse, ed avere qualche chiarimento in merito alla procedura. Per la verità, prima di raggiungere fisicamente la sede dell’Organismo, chiedeva telefonicamente se potesse presentarsi personalmente, ovvero se fosse necessaria la presenza di un avvocato. Gli veniva risposto di non preoccuparsi, perché se non avesse avuto un avvocato di fiducia gliene sarebbe stato fornito uno in loco, a costi contenuti.
Scopriva però, arrivato presso la sede dell’Organismo, che nessuno degli altri invitati era presente, e che anzi il primo incontro era stato rinviato al 18.12.2014, senza che nessuno avesse ritenuto opportuno avvertirlo preventivamente. Solo in seguito, dopo un ulteriore rinvio, si teneva effettivamente il primo incontro di mediazione, in data 13.1.2015.
Anche in quell’occasione, il sig… si recava all’incontro personalmente, non assistito da alcun legale, per capire se fosse possibile evitare la causa di divisione paventata dalla sorella sig.ra …
Nel corso della seduta, il sig. … faceva presente alle altre Parti, tutte presenti ciascuna con il proprio difensore, che non comprendeva lo scopo di quell’incontro, e proponeva di evitare qualsiasi controversia, posticipando la divisione dell’eredità paterna, con particolare riferimento al cospicuo compendio immobiliare, dividendone invece, man mano, i proventi. Tale proposta non veniva sic et simpliciter presa in considerazione né dalle altre Parti né dal Mediatore incaricato avv…
Il sig. … , vista la “litigiosità” delle Parti, chiedeva che fosse almeno verbalizzata la propria proposta, unitamente al motivo per cui i parenti non ritenevano di accettarla. Tuttavia, non veniva redatto alcun verbale della seduta, che a detta del Mediatore sarebbe stata rinviata per permettere alle Parti di capire se, effettivamente, intendessero procedere alla mediazione o meno. Il sig… attendeva quindi formale comunicazione della data del rinvio, comunicazione che, tuttavia, non gli perveniva. Solo in seguito, veniva a sapere da comunicazioni a mezzo posta elettronica che l’incontro si era effettivamente svolto, in presenza solo della parte istante, il 2.2.2015. Da ulteriori comunicazioni, il sig. … veniva a conoscenza del fatto che, nel corso di tale seduta, era stato dato atto che egli non partecipava alla procedura di mediazione; inoltre, la parte istante aveva formulato una proposta, chiedendo al mediatore di comunicarla alle altre Parti, tutte assenti. Dopo uno scambio di e-mail, il sig. … inaspettatamente riceveva, sempre in via telematica, una proposta di mediazione formulata dal Mediatore avv. … … rispondendo a tale comunicazione, formulava le proprie doglianze in merito alla (mala) gestione dell’avvio della mediazione. In particolare, ribadita la propria disponibilità a trovare un accordo con i parenti, da subito manifestata, chiedeva però che la mediazione non avvenisse di fronte a quel Mediatore ovvero a quell’Organismo, a suo parere “manifestamente inadeguato”, ma altrove. Anche questa richiesta veniva ignorata dal Mediatore. Al successivo incontro, fissato dal Mediatore per verificare l’esito della proposta, presenziava personalmente anche il sig. … , che ne aveva, come detto, ricevuto la convocazione (pur non avendo aderito alla mediazione), per ribadire le doglianze espresse nelle precedenti missive. Chiedeva, in particolare, chiarimenti sul perché il Mediatore avesse comunicato la proposta della sorella sig.ra … , e avesse poi formulato anche una propria proposta, senza viceversa prendere in considerazione le sue richieste e proposte, e senza nemmeno darne atto a verbale. Il Mediatore rispondeva al sig. … che la verbalizzazione delle proposte delle Parti non era necessaria, in quanto non prevista per legge. A quel punto, il sig. … , dopo numerose infruttuose insistenze, sentendosi privato di qualsivoglia tutela, lasciava l’incontro”. Si tratta, con tutta evidenza, di una ricostruzione dei fatti sostanzialmente incompatibile con quella dedotta con l’atto di impugnazione.
1.5 In sintesi, le censure dedotte dall’appellante risultano infondate e come tali non incidenti sul diritto dell’Organismo di mediazione ricorrente al pagamento dell’indennità richiesta, che va quindi ribadita nella misura e nei termini già statuiti nel decreto ingiuntivo opposto, confermato dalla sentenza che ha definito il giudizio di opposizione, non essendo stata peraltro fatta oggetto di alcuna censura l’applicazione dei criteri parametrici previsti dal citato art. 16 del regolamento. … , infatti, non ha rifiutato l’invito originariamente comunicatogli dall’Organismo dei mediazione – nel qual caso la procedura si sarebbe immediatamente chiusa senza ulteriori incombenti – ma ha presenziato al primo incontro e poi anche a quelli successivi effettivamente tenutisi nell’ambito della procedura di mediazione di riferimento (n. 466/2014), avanzando oltretutto in questo contesto una propria proposta conciliativa. Non ha per contro alcun rilievo la circostanza dell’assenza di un suo formale atto di adesione alla procedura di mediazione, non essendo questo previsto, né dal decreto legislativo 28/2010, né dal regolamento contenuto nel D.M. 180/2010, risultando condizione necessaria e sufficiente affinché si realizzi l’adesione al procedimento l’effettiva partecipazione delle parti. È pertanto corretta la statuizione della sentenza di primo grado che, sulla base del principio di effettività, e cioè in ragione della effettiva partecipazione di tutte le parti invitate (compreso, quindi, Boscolo Stefano) agli eventi e alle interlocuzioni tenutisi e sviluppatisi nella procedura di riferimento, ha affermato l’avvenuto perfezionamento dell’adesione di tutti gli opponenti alla procedura di mediazione pur in assenza di un corrispondente atto formale.
2. Il secondo motivo.
2.1 Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza in relazione alla ritenuta irrilevanza – ai fini di cui è causa – della mancata assistenza da parte di un avvocato nel corso della procedura di mediazione per la cui gestione l’Associazione ricorrente aveva comunque chiesto il pagamento dell’indennità di legge. Nello specifico deduce che il Tribunale non avrebbe adeguatamente considerato:
a) che la mediazione di riferimento si presentava in realtà come necessaria, inerendo a un giudizio compreso tra quelli per i quali l’art. 5 del D.L.gs 4.3.2010, n. 28, prevede la mediazione obbligatoria e quindi la necessità dell’assistenza da parte di un avvocato anche nella fase della mediazione e non sono in quella propriamente giudiziale; tutela alla quale lo stesso non aveva mai rinunciato;
b) che l’omissione procedurale da parte dell’Organismo di mediazione doveva essere ritenuta rilevante ed incidente, e come tale non superabile, risultando, sulla base della disciplina di riferimento in materia di mediazione, la necessità dell’assistenza di un legale per tutto il corso della procedura;
c) che avendo posto in essere una procedura viziata da nullità – che non avrebbe, cioè, dovuto essere iniziata e comunque avrebbe dovuto essere subito interrotta – non poteva riconoscersi all’Associazione ricorrente alcun diritto al pagamento dell’indennità di mediazione, invece indebitamente riconosciutale, sia dal giudice del monitorio, che da quello dell’opposizione. 2.2 La censura è infondata, non potendo effettivamente ritenersi che nella procedura di mediazione regolata dal D.L.gs 28/2010 – neppure se relativa a una delle ipotesi indicate nell’art. 5, comma 1- bis, per le quali il previo esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità – l’assistenza di un avvocato si profili necessaria e quindi, nella fattispecie in esame, indirettamente incidente sul diritto dell’Organismo di mediazione ricorrente che ha gestito la relativa procedura a chiedere ed ottenere dalle parti che vi hanno aderito il pagamento dell’indennità prevista dagli artt. 17, D.L.gs 28/2010 e 16 D.M. 180/2010.
2.2.1 È necessario partire dalla pertinente disciplina normativa di riferimento. L’art. 5, comma 1, del D.L.gs n. 28 del 2010, modificato, stabilisce che: “Chi intende esercitare in giudizio un’azione […] è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione […]”; l’art. 8, comma 1, parte seconda, prevede che: “Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato […]”; l’art. 8, comma 1, parte terza, ancora precisa che: “Il mediatore […] invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede allo svolgimento”. Ora, tali disposizioni apparentemente sembrano richiedere l’assistenza del legale, ma in realtà non prevedono alcuna sanzione per il caso di assenza dell’avvocato e, soprattutto, tale apparente necessità appare sconfessata dall’art. 12, secondo cui, “Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione”. Il quadro normativo risulta apparentemente contraddittorio, in quanto, mentre da un lato sembra stabilire (agli artt. 5 e 8) un obbligo di assistenza del difensore, dall’altro prevede chiaramente due tipologie di accordo a seconda che tutte le parti siano (“Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato”) o non siano (“In tutti gli altri casi”) assistite da un difensore, con differenti modalità per l’acquisto dell’efficacia esecutiva (art. 12). La contraddizione in realtà è solo apparente, militando in favore della tesi per cui l’assistenza legale nell’ambito delle procedure di mediazione è consentita (e quindi possibile), ma non obbligatoria, convincenti ragioni di interpretazione letterale, sistematica e, soprattutto, costituzionalmente orientata delle norme in esame.
2.2.2 Sul piano letterale e sistematico, la dizione utilizzata dal legislatore e la complessiva disciplina dell’istituto (soprattutto se confrontata con gli artt. 82, 83, 84 e 182 c.p.c.) non sono idonei a fondare un obbligo di assistenza, nel senso che la medesima possa essere considerata un presupposto di validità della partecipazione al procedimento di mediazione dei soggetti in conflitto. Più in particolare, a livello di normativa nazionale, se è vero che nel decreto viene menzionata l’assistenza dell’avvocato agli articoli 5, comma 1-bis e 8, comma, 1 del D.L.gs 28/2010, ciò avviene senza che mai essa sia qualificata come necessaria, ovvero obbligatoria, ed è altrettanto vero che, come si è prima detto, nessuna conseguenza o sanzione è prevista per il caso in cui una delle parti non sia assistita dall’avvocato. L’art. 5, comma 1-bis, prevede che: “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto (omissis)”. Ora, l’obbligo di cui all’articolo citato riguarda l’esperimento del procedimento di mediazione, ma non l’assistenza dell’avvocato, che è citata in un inciso tra due virgole e non è definita “necessaria” od “obbligatoria”, né qui, né nel successivo art. 8, comma 1, dove si legge: “Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato”. L’obbligatorietà della presenza dell’avvocato, quindi, non è considerata tale nemmeno dalla legge. Il successivo art. 12 prevede che: “Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico”. Ebbene, la norma regola compiutamente il caso in cui le parti siano tutte assistite dall’avvocato e il caso in cui invece ciò non avvenga, a dimostrazione del fatto che l’assistenza legale in mediazione è prevista ai soli fini dell’efficacia esecutiva ma non necessaria, supplendo, nel caso le parti non siano assistite dall’avvocato, il decreto di omologa del Presidente del Tribunale. Appare poi opportuno ricordare – in senso contrario a quanto sostenuto dall’appellante, secondo cui l’assistenza sarebbe necessaria per le mediazioni c.d. obbligatorie e facoltativa per le mediazioni c.d. volontarie – che il primo capoverso – che già cominciando con il termine “ove” denuncia la possibilità che si verifichi una situazione diversa da quella che si norma – non richiama l’art. 5, comma 1-bis, sicché è escluso che la presenza dell’avvocato possa essere ritenuta effettivamente necessaria nelle mediazioni ex art. 5, comma 1-bis, e non in quelle ex art 2. Si tratterebbe in ogni caso di un’interpretazione arbitraria e non sostenibile, considerato l’impianto normativo attualmente vigente. Nessuna norma, d’altra parte, attribuisce al responsabile dell’Organismo, né tantomeno al mediatore designato, alcun potere di far cessare il procedimento di mediazione nel caso in cui una o più parti della mediazione non siano legalmente assistite. E nemmeno la controparte può opporsi allo svolgimento del procedimento di mediazione qualora la propria controparte sia determinata a non avere assistenza legale e cioè a non farsi assistere nella procedura di mediazione da un avvocato legalmente esercente. Peraltro, se il legislatore avesse voluto inserire nel D.L.gs 28/2010 la presenza dell’avvocato quale necessaria, ne avrebbe certamente previsto l’obbligatorietà, prevedendo una sanzione per il caso in cui ciò non avvenisse. O quantomeno avrebbe imposto al mediatore di interrompere o sospendere il procedimento nei casi in cui una o più parti ritenessero superflua l’assistenza legale. E avrebbe certamente previsto delle norme che sancissero un comportamento specifico da parte del responsabile dell’organismo di mediazione per i casi in cui una parte si fosse presentata senza avvocato alla mediazione. Ciò non è avvenuto consapevolmente, al fine di mantenere la normativa nazionale compatibile con quella di rango europeo. La Corte di Giustizia U.E., con la sentenza C-75/16 del 14 giugno 2017 – richiamata dal Tribunale in sentenza (v. in motivazione, pag. 7, 8) – ha ritenuto che l’adozione da parte degli Stati Membri di una normativa interna che preveda, nelle controversie riguardanti i consumatori (B2C – Business to Consumer), il ricorso alla mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, possa ritenersi compatibile con il diritto dell’Unione Europea soltanto a condizione che non venga imposta l’assistenza necessaria di un legale e il consumatore possa ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento, senza dover addurre alcuna giustificazione a fondamento della propria scelta. In particolare, la Corte di Giustizia, su rinvio pregiudiziale del Tribunale di Verona, era stata chiamata a decidere in ordine al rapporto tra il sistema di ADR, previsto per le controversie dei consumatori dal D.L.gs. 130/2015 (attuativo in Italia della direttiva 2013/11/UE del 21 maggio 2013) e le norme in tema di mediazione che nel nostro ordinamento impongono nelle controversie civili tra professionista e consumatore – a pena di improcedibilità del giudizio di merito – il preventivo esperimento del procedimento di mediazione, caratterizzato dall’assistenza necessaria di un avvocato e senza possibilità per le parti di ritirarsi se non per giustificato motivo. Nel richiamato processo già l’Avvocato Generale aveva sostenuto l’incompatibilità tra la normativa italiana dettata dagli articoli 5, comma 1-bis, e 8, comma 1, del decreto legislativo n. 28/2010 – che prevedono in via generale l’assistenza obbligatoria da parte di un avvocato nel corso del procedimento di mediazione – e l’articolo 8, lettera b) della direttiva 2013/11/UE, che esclude invece espressamente che gli Stati possano obbligare le parti a farsi assistere da un avvocato nel corso di una mediazione di una lite, quando questa sia insorta tra un professionista e un consumatore. L’Avvocato Generale aveva, quindi, nelle proprie conclusioni ritenuto che l’articolo 8, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 28/2010, nella parte in cui non consente al consumatore, se non in presenza di un giustificato motivo, di ritirarsi dal procedimento di mediazione senza subirne conseguenze sfavorevoli nell’ambito del successivo procedimento giudiziario, contrastasse con l’articolo 9, paragrafo 2, lettera a) della direttiva 2013/11/UE, che sancisce invece la libertà totale del consumatore di ritirarsi dalla procedura in qualsiasi momento, anche per motivi puramente soggettivi. Nella sentenza la Corte, in via preliminare, ha precisato che la direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008 trova applicazione alle sole controversie transfrontaliere, mentre nelle controversie prive di elementi di transnazionalità (esaminata nel giudizio a quo) la compatibilità tra normativa interna e diritto comunitario va verificata facendo riferimento alla direttiva 2013/11/UE del 21 maggio 2013. Sulla base di tale premessa, la Corte ha chiarito che la natura “volontaria” del ricorso a procedure di ADR postulata dalla direttiva 2013/11/UE, cui nel nostro ordinamento è stata data attuazione con il D.L.gs. 130/2015, attiene non alla libertà delle parti di ricorrere o meno alla procedura, bensì al fatto che le parti – ed in particolare la parte che vi partecipi in qualità di Consumatore – possano gestire la procedura in autonomia, senza l’assistenza necessaria di un avvocato, e porvi fine in qualsiasi momento, anche senza giustificato motivo. Secondo i Giudici di Lussemburgo, dunque, le norme di cui agli artt. articoli 5 comma 1-bis, 8 comma 1, e 8, comma 4- bis, del decreto legislativo n. 28/2010 contrastano in effetti l’effettività del diritto di accesso al giudice sancito dall’articolo 1 della direttiva 2013/11 nella parte in cui impongono al Consumatore che prende parte a una procedura ADR di essere assistito necessariamente da un avvocato e prevedono, sotto altro profilo, che dal ritiro del consumatore dalla procedura ADR, con o senza un giustificato motivo, possano derivare conseguenze processuali sfavorevoli nei suoi confronti nelle successive fasi della controversia. In relazione a quest’ultimo aspetto, tuttavia, la Corte precisa che, purché il consumatore possa ritirarsi successivamente al primo incontro con il mediatore, il diritto nazionale può legittimamente prevedere sanzioni in caso di immotivata mancata partecipazione delle parti alla procedura di mediazione. Con l’occasione la Corte ha inoltre ribadito le condizioni necessarie ad assicurare, in via generale, la compatibilità tra la normativa comunitaria in tema di ADR consumeristiche e la legislazione degli Stati Membri in tutti i casi in cui il ricorso alla mediazione costituisca nell’ordinamento interno condizione di procedibilità della domande giudiziale, rimettendo al giudice nazionale il compito di verificarne il rispetto nel caso concreto. Secondo i Giudici di Lussemburgo, è in particolare a tal fine necessario che:
i) il procedimento non conduca a una decisione vincolante per le parti senza che il consumatore abbia precedentemente accettato la soluzione proposta;
ii) la procedura non ritardi in modo rilevante la possibilità di sottoporre la controversia a un giudice; iii) nelle more dell’esperimento della procedura di mediazione, la prescrizione rimanga sospesa e sia impedito il perfezionarsi di eventuali decadenze;
iv) il Consumatore non debba sopportare costi, o quantomeno “costi ingenti”, per accedere alla procedura;
v) l’utilizzo di strumenti elettronici non costituisca l’unica modalità di accesso alla procedura di conciliazione;
vi) pendente la procedura di conciliazione sia in ogni caso possibile per il consumatore adire il Giudice per ottenere la concessione di provvedimenti cautelari d’urgenza. Sempre sotto il profilo sistematico va poi ulteriormente ricordato che nella procedura di mediazione ex D.L.gs n. 28/2010, non è prevista l’ammissione al gratuito patrocinio e questo in quanto:
a) il procedimento di mediazione, seppur obbligatorio, non può considerarsi strumentale all’instaurazione di una controversia civile essendo finalizzato, al contrario, ad evitarla;
b) la spesa a carico dello Stato non è supportata da alcun dato normativo e, peraltro, il D.L.gs n. 28/2010 non prevede alcun nuovo onere a carico dello Stato (invero, il D.L. 69/2013, che ha reintrodotto la mediazione obbligatoria dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 272 del 6.12.2012 l’aveva dichiarata incostituzionale, prevede all’art. 85, comma 4, la c.d. “clausola di invarianza finanziaria”, in virtù della quale dalle novità introdotte dalla normativa richiamata non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica);
c) la normativa in materia di controversie transfrontaliere (segnatamente il D.L.gs 27.5.2005, n. 116, che ha recepito la direttiva sul Legal aid, volta a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere civili [Direttiva 2002/8/CE del Consiglio del 27.1.2003], prevede all’art. 10 che “Il patrocinio è, altresì, esteso ai procedimenti stragiudiziali, alle condizioni previste dal presente decreto, qualora l’uso di tali mezzi sia previsto come obbligatorio dalla legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa”) riguarda solo e soltanto le liti transfrontaliere, ed essendo una norma speciale non può essere interpretata estensivamente, né, ovviamente, analogicamente;
d) il nuovo articolo 97 Cost. impone l’equilibrio di bilancio;
e) sussiste il vincolo di solidarietà a carico delle parti in mediazione. In questo senso si è anche di recente pronunciata la Suprema Corte (v. Cassazione, sez. 2, sentenza n. 18123 del 31 agosto 2020) che ha ribadito che in mediazione non può essere ammesso il gratuito patrocinio, affermando: “(omissis) Con l’unico mezzo d’impugnazione proposto il ricorrente denunzia violazione degl’artt. 74 e 75 D.P.R. n. 115/02 in combinato disposto con gli artt. 5, 8 e 17 comma 5 bis D.L.gs n. 28/2010, nonché artt. 3, 24 e 111 comma 7 Cost., poiché il Giudice patavino ha escluso che concorra il diritto alla liquidazione del compenso per la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato per la procedura di mediazione obbligatoria. Rileva il ricorrente come interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in tema di patrocinio a spese dello Stato debba portare al riconoscimento del diritto al compenso anche per l’espletamento della sola fase di mediazione, in quanto obbligatoria ai fini della successiva instaurazione del procedimento civile, stante la natura para-giurisdizionale di detta procedura. La statuizione assunta dal Giudice patavino, secondo il ricorrente, si pone in contrasto con la disciplina europea in tema, posto che attività professionale imposta dall’ordinamento processuale rimarrebbe priva di rimunerazione. Inoltre l’avv. P. rileva come, se confermata l’argomentazione resa dal Tribunale, si configurerebbe situazione di sospetta illegittimità costituzionale degli artt. 74 e 75 D.P.R. n. 115/02 e delle correlate norme in tema di mediazione, posto che vi sarebbe violazione e del disposto costituzionale in tema di diritto di difesa e differenziazione ingiustificata con le controversie transfrontaliere. La censura articolata sotto il profilo della violazione di legge non concorre posto che, espressamente, la norma ex art. 74 D.P.R. n. 115/02 limita l’operatività del patrocinio a spese dello Stato all’ambito del procedimento sia penale che civile, e pertanto postula l’intervenuto avvio della lite giudiziale. Detto limite non può esser superato dal Giudice con attività d’interpretazione posto che in tal modo verrebbe ad incidere sulla sfera afferente la gestione del pubblico denaro, specie con relazione alle disposizioni di spesa, materia riservata al Legislatore e presidiata da precisi dettami costituzionali (Cass., sez. 2, n. 24723/11; Cass., sez. 1, n. 15490/04, Cass., sez. L, n. 17997/19). Inoltre, come ricordato dal Giudice patavino, la disciplina portata nel D.L.vo n. 28/2010, non già, ha omesso ogni considerazione alla questione del patrocinio a spese dello Stato, bensì quando l’ha ritenuto applicabile – art. 17 comma 5 bis – ne ha fatta espressa menzione, precisando inoltre che dal procedimento di mediazione non può conseguire oneri economici a carico dello Stato.
Dunque correttamente il Giudice patavino ha ritenuto non liquidabile compenso al difensore per la fase della mediazione, cui non è seguita la proposizione della lite (Cass. S.U. n. 9529/13) poiché non consentito dalla attuale disciplina legislativa in tema ed un tanto non superabile con l’attività d’interpretazione – come richiesto dal ricorrente – che in effetti sconfinerebbe nella produzione normativa.
Anche la prospettata questione di sospetta illegittimità costituzionale delle norme in tema di patrocinio a spese dello Stato e mediazione, in quanto non consentono la liquidazione di compenso al difensore anche per la fase di mediazione obbligatoria quando non consegua la lite giudiziale, appare manifestamente infondata.
Difatti l’argomento svolto dall’avv… per sostenere il sospetto d’illegittimità costituzionale si fonda su presupposto fattuale non esistente in quanto nella specie – come ricordato dallo stesso ricorrente – la procedura di mediazione obbligatoria svolta si concluse senza alcun accordo, sicché doveva conseguire la lite. Lite giudiziaria che non intervenne poiché le parti raggiunsero accordo stragiudiziale, sicché la richiesta di compenso sarebbe correlata ad attività professionale stragiudiziale.
Dunque la proposta questione di costituzionalità nella specie non assume rilevanza posto che il Legislatore ha ritenuto di riconoscere il patrocinio a spese dello Stato in relazione all’attività nell’ambito del processo e, non anche, per l’attività stragiudiziale, rimessa esclusivamente alla volontà delle parti, relativamente alla quale non concorre il pur previsto limite generale della manifesta infondatezza delle ragioni sostenute”.
2.2.3 Sul piano costituzionale, l’imposizione di una sorta di ius postulandi (ulteriore allo ius intercessionis, attribuito al mediatore nei casi di mediazione obbligatoria) configurerebbe poi un irrazionale aggravamento del diritto di azione (neppure lenito, come appena detto, dall’assistenza a spese dello Stato) e determinerebbe un’irragionevole diversità di disciplina rispetto allo ius postulandi vero e proprio (cfr. art. 82, co. 1 e 2, c.p.c.), con violazione degli artt. 3 e 24 Cost. Appare altresì configurabile una violazione dell’art. 6 C.E.D.U. (e quindi degli artt. 11 e 117 Cost.), in quanto la legittimità delle limitazioni al diritto di autodifesa (e di tutela dei propri diritti in via negoziale), come disegnate dalla Corte Costituzionale, dalla Corte di Cassazione (cfr. Cassazione n. 24517 del 30.10.2013) e dalla stessa Corte E.D.U., possono valere per il processo in senso proprio, ma non per una precedente fase amministrativa o mediatoria. Sul piano del rispetto della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo deve anche ricordarsi che per la Corte E.D.U. non può aversi rappresentanza obbligatoria senza gratuito patrocinio.
Nello specifico, nel caso Anghel c. Italia, 25 giugno 2013, la Corte ha affermato: “Non esiste un obbligo ai sensi della Convenzione di rendere disponibile il gratuito patrocinio per tutte le cause (controversie) in materia civile, giacché esiste una chiara distinzione tra la formulazione dell’articolo 6 § 3 (c), che garantisce il diritto di essere assistito gratuitamente nel procedimento penale se ricorrono determinate condizioni, e quello dell’articolo 6 § 1, che non menziona in alcun modo l’assistenza legale” (si veda Del Sol c. Francia, n. 46800/99, § 21, CEDU 2002-II).
Peraltro, il chiaro orientamento della Corte non potrebbe essere contrastato neppure affermando che si è in presenza di assistenza obbligatoria e non di rappresentanza (legale) obbligatoria.
La sostanza, infatti, non muta, salvo ci si voglia spostare dal piano procedimentale a quello sostanziale, configurando una sorta di semi-incapacità della parte a curare i propri interessi, che configurerebbe, però, una lesione dell’art. 8 della C.E.D.U.
Devono infine richiamarsi gli artt. 81 (“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte … omissis – come sostituito dall’articolo 1 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1”) e 97 della Costituzione (“Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico (omissis) come modificato dall’articolo 2 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1), che impongono un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa sulla mediazione, ragion per cui un’esegesi che imponesse come necessaria la presenza dell’avvocato, e la conseguente necessità del gratuito patrocinio, sarebbe in conflitto con le norme costituzionali appena richiamate.
3. In sintesi, nessuno dei motivi di impugnazione dedotti dall’opponente Boscolo Stefano risulta fondato. Va pertanto confermata la sentenza di primo grado che ha respinto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale di Padova in favore dell’Associazione Conciliatori del Veneto per il pagamento in solido delle indennità e spese del procedimento di mediazione di riferimento (n. 466/2014).
C) L’appello incidentale dell’Associazione Conciliatori del Veneto.
1. Con un unico motivo, l’Organismo di mediazione ricorrente ha proposto appello incidentale in relazione alla parte della sentenza di primo grado che, valorizzando le modalità di gestione della procedura di mediazione da parte del mediatore, che in tesi avrebbero potuto essere più accurate e così indurre le parti a un diverso approccio alla questione dibattuta, nonché la novità rappresentata dalla sentenza della Corte di Giustizia U.E. del 14.6.2017 nel caso C-75/16, ha disposto la compensazione integrale delle spese di lite del giudizio di opposizione.
Nello specifico, l’Organismo assume:
a) che il Tribunale ha rigettato integralmente l’opposizione, sicché l’opponente … deve ritenersi interamente soccombente nei propri confronti e come tale tenuto al pagamento integrale delle spese di lite;
b) che le ragioni poste dal giudice di primo grado a fondamento della compensazione delle spese sono incoerenti, avendo, dapprima affermato che ogni censura proposta in relazione alla validità della procedura di mediazione avrebbe dovuto essere dedotta nella sede propria del giudizio pregiudicato, e cioè in quello avente ad oggetto la divisione ereditaria tra le parti, e poi, invece, che le concrete modalità di gestione della procedura di mediazione da parte dell’Organismo istante potevano ben valutarsi nel presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ai fini della disciplina delle spese processuali;
c) che le ragioni dedotte a fondamento della statuizione di compensazione non erano in ogni caso apprezzabili, posto che il procedimento di mediazione è per legge deformalizzato e rimesso alla gestione del mediatore, richiedendosi un’apposita verbalizzazione solo per il verbale di chiusura.
2. Il motivo è fondato. Premesso che la valutazione sulle spese di lite va svolta all’esito del giudizio sulla base di una valutazione complessiva delle risultanze di causa e che il legittimo svolgimento della procedura di mediazione non risulta affatto irrilevante in relazione alla pretesa dell’Organismo ricorrente al pagamento dell’indennità e al rimborso delle spese di cui all’art. 16 del D.M. 180/2010, essendo evidente che laddove svolta in termini illegali, o negligentemente, risulterebbe integrato un inadempimento rilevante dell’obbligazione assunta nei confronti delle parti aderenti, deve ritenersi che nel caso di specie l’Associazione Conciliatori, e per essa il mediatore incaricato, non siano incorsi in violazioni di legge, ovvero in altri inadempimenti rilevanti, essendosi svolta la procedura di mediazione sopra riassunta in termini legali ed adeguati, non essendosi pervenuti al perfezionamento della conciliazione tra le parti per ragioni di personale indisponibilità di queste, rispetto alle quali le considerazioni sviluppate dal Tribunale alla pagina 7 della motivazione, oltre ad essere meramente ipotetiche, non appaiono in ogni caso realmente incidenti su quelle che sono poi state le determinazioni assunte dalle parti coinvolte. Quanto in particolare alla dedotta nullità in ipotesi dipendente dall’omessa assistenza di un legale, alla luce delle sopra esposte considerazioni, questa non poteva ritenersi effettivamente necessaria già alla luce della disciplina nazionale, costituendo il richiamato pronunciamento della Corte di Giustizia U.E. solo un ulteriore elemento di riscontro. Si tratterebbe in ogni caso di un profilo di nullità a cui avrebbe dato causa lo stesso appellante, il quale, pur reso edotto fin dal primo atto di invito dall’Organismo di conciliazione dell’opportunità di munirsi di un avvocato, aveva autonomamente deciso di non avvalersene, non potendo peraltro sperare di poter essere assistito da un difensore nominato dall’Organismo, non avendone questo i poteri, né potendo avvalersi in detta sede, come si è detto, del patrocinio a spese dello Stato. Non ricorrendo le condizioni di cui al secondo comma dell’art. 92 c.p.c. (“Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”) e risultando l’opponente appellante integralmente soccombente, ne consegue la condanna di questi alle spese di lite sia del primo, che del secondo grado. La sentenza di primo grado va pertanto riformata in parte qua, riconoscendosi in favore dell’Associazione Conciliatori del Veneto (ricorrente opposta, appellata e appallante incidentale) il rimborso delle spese di lite anche del giudizio di opposizione di primo grado.
III Le spese di lite.
1. Le spese di lite del primo e del secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014 (parametro normativo di riferimento da utilizzare per tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore, così come previsto dall’art. 28) tenendo a mente un valore intermedio tra quello minimo e quello medio per ciascuna delle fasi (rispettivamente quattro e tre) in cui si sono in concreto sviluppati i giudizi di primo (4) e di secondo grado (3), considerato in concreto:
a) che non si è svolta attività istruttoria;
b) che le parti negli scritti conclusivi hanno sostanzialmente ripetuto quanto già dedotto negli atti precedentemente depositati;
c) che il valore di causa risulta, appunto, intermedio tra il valore minimo e quello medio dello scaglione di riferimento.
2. Stante il rigetto integrale dell’appello, va dato atto che sussistono a carico dell’appellante principale, Boscolo Stefano, le condizioni oggettive richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115/2002 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1-bis.
P .Q.M.
la Corte, definitivamente pronunciando, disattesa e/o comunque assorbita ogni contraria domanda, deduzione ed eccezione, in parziale riforma della impugnata sentenza n. 2436/2017 (emessa dal Tribunale di Padova ex art. 281-sexies c.p.c. il 19.10.2017 nei giudizi riuniti n. 1484/2016 R.G. + 1557/2016 R.G., di opposizione al decreto ingiuntivo n. 4918/2015 adottato dallo stesso Tribunale di Padova il 28.12.2015), che per il resto conferma, così provvede:
a) rigetta l’appello principale proposto da Boscolo Stefano per le ragioni di cui in motivazione;
b) accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, condanna l’opponente e appellante principale … a rimborsare alla convenuta opposta e appellante incidentale, Associazione Conciliatori del Veneto, le spese di lite del primo grado, che liquida, per compensi, in € 3.000, oltre agli accessori di legge;
c) condanna l’opponente e appellante … a rimborsare alla convenuta opposta e appellante incidentale, Associazione Conciliatori del Veneto, le spese di lite del secondo grado, che liquida, per compensi, in € 2.000, oltre agli accessori di legge, e in € 147, per rimborsi;
d) dà atto della sussistenza a carico dell’appellante principale, … , dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30.5.2002, n. 115 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1-bis.
Così deciso nella camera di consiglio del 20 ottobre 2020.
Il Consigliere estensore dott. Federico Bressan
Il Presidente dott. Domenico Taglialatela
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