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3 Maggio 2021 by Ermenegildo Mario Appiano Lascia un commento

Mediazione condizione procedibilità sanzioni processuali

Mediazione: condizione di procedibilità e sanzioni processuali


Nella sentenza del 27 marzo 2019, n.8473, la Cassazione aveva chiarito che la condizione di procedibilità viene soddisfatta semplicemente con l’effettuazione dell’incontro informativo sulla mediazione, a prescindere dal contenuto dalle dichiarazioni rese dalle parti circa la loro volontà di dare effettivamente corso alla trattativa in sede di mediazione.

Tuttavia in detta sentenza la Cassazione non si è pronunciata – quanto meno esplicitamente – sugli effetti che tali dichiarazioni dalle parti possono esplicare nella successiva sede giudiziale, sopratutto con riferimento all’istituito della litigiosità temeraria (art.96 c.p.c.), da un canto, ed  alla sanzione processuale ed al meccanismo di regolazione delle spese di lite (rispettivamente previsti dall’art.8 e dall’art.13 del D. lgs. 28/2020), dall’altro.

Anche in considerazione di tale contesto interpretativo, nella sentenza del 13 luglio 2020, n. 652, la Corte di Appello di Genova ha avallato la decisione di primo grado, in cui il Tribunale aveva ritenuto ingiustificata la mancata partecipazione di una parte al procedimento di mediazione, con conseguente condanna dello stessa al pagamento della sanzione di cui all’art.8, comma 5 del citato D. Lgs. 28/2010.

Mancata partecipazione che la parte aveva giustificato sia in considerazione del fatto che ogni questione era già stata risolta con una precedente sentenza, sia per l’inutilità della procedura conciliativa alla luce delle pretese temerarie della controparte.

La Corte di Appello di Genova ha pertanto sancito: “nello spirito della norma che disciplina lo svolgimento del procedimento di mediazione (art. 8), la partecipazione delle parti, sia al primo incontro che agli incontri successivi, rappresenta una condotta assolutamente doverosa, che le stesse non possono omettere, se non in presenza di un giustificato motivo impeditivo che abbia i caratteri della assolutezza e della non temporaneità “.

Ancora, con riferimento al rifiuto di comparire in mediazione, la Corte di Appello ha sottolineato che “nel caso di specie, la valutazione di manifesta infondatezza delle ragioni della controparte è stata clamorosamente smentita dall’esito del giudizio. Analogamente, irrilevante è la prognosi di impossibilità di una conciliazione, in guanto l’introduzione di tale istituto è stata determinata dalla necessità di consentire alle parti di trovare un accordo amichevole, proprio laddove questo non sia raggiungibile con i soli mezzi di cui i contendenti ed i loro procuratori dispongono”.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA

Omissis

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il settimo motivo di appello, l’appellante ha lamentato che il Giudice aveva sbagliato nel ritenere ingiustificata la sua partecipazione al procedimento di mediazione, con conseguente condanna dello stesso al pagamento della sanzione di cui all’art. 8, co. 5, D.Lgs. n. 28 del 2010.

Infatti, la mancata partecipazione si giustificava, come anticipato da lettera inviata al mediatore, sia in considerazione del fatto che ogni questione era già stata risolta con la sentenza 208/08, sia per l’inutilità della procedura conciliativa alla luce delle pretese temerarie della sig.ra omissis nei confronti dell’appellante.

I motivi indicati a supporto dell’assenza della parte al procedimento di mediazione sono inconsistenti.

Va premesso che, secondo la Cassazione (si vedano le ord. 2030/18 e 2031/18), tali sanzioni sono impugnabili con l’appello, non essendo applicabile la previsione di cui all’art. 179 c.p.c.

Nel merito, il ricorso è infondato.

Oltre tutto, nel caso di specie, la valutazione compiuta da omissis di manifesta infondatezza delle ragioni della controparte è stata clamorosamente smentita dall’esito del giudizio. Analogamente, irrilevante è la prognosi di impossibilità di una conciliazione, in guanto l’introduzione di tale istituto è stata determinata dalla necessità di consentire alle parti di trovare un accordo amichevole, proprio laddove questo non sia raggiungibile con i soli mezzi di cui i contendenti ed i loro procuratori dispongono. In sostanza, nello spirito della norma che disciplina lo svolgimento del procedimento di mediazione (art. 8), la partecipazione delle parti, sia al primo incontro che agli incontri successivi, rappresenta una condotta assolutamente doverosa, che le stesse non possono omettere, se non in presenza di un giustificato motivo impeditivo che abbia i caratteri della assolutezza e della non temporaneità.

Con l’ultimo motivo, l’appellante ha contestato la sua condanna alle spese di lite. Infatti, all’udienza del 25 febbraio del 2015, omissis aveva offerto la costituzione della servitù sul suo fondo secondo il percorso indicato poi nella CTU geom. omissis a condizione che omissis si assumesse i costi di realizzazione e le spese legali e tecniche. Tale proposta non era stata accettata dalla controparte. Inoltre, mentre a suo carico non era addebitabile alcuna scorrettezza processuale, era evidente l’inconsistenza delle pretese della ricorrente. Per queste ragioni, era omissis che doveva essere condannata a rifondere le spese di lite a suo favore. Anche in questo caso, l’appellato ha chiesto di rigettare l’appello, richiamandosi alle motivazioni del provvedimento di primo grado. Il Giudice ha dato atto, nel motivare la propria decisione sulle spese, che, sin ab origine, omissis aveva contestato la sussistenza del requisito dell’interclusione; tale contestazione, come visto, è continuata, immotivatamente, in appello; la sua condanna alle spese è consequenziale, quindi, alla sua soccombenza sul punto ai sensi dell’art. 91 c.p.c. Irrilevante, poi, è la circostanza che l’appellata abbia rifiutato una proposta transattiva; l’art. 91 c.p.c. dà rilievo a tale condotta, ai fini della disciplina delle spese, solo quando la domanda sia accolta in sentenza in misura non superiore al contenuto della proposta rifiutata. Nel caso di specie, invece, parte appellata, accettando la proposta dell’appellante, avrebbe dovuto rinunciare alle spese di lite, poste a suo carico nell’accordo transattivo, soluzione, questa, difforme da quella adottata nel provvedimento impugnato.

Ne discende, quindi, che la norma sopra richiamata non è applicabile al caso di specie. Si devono esaminare gli appelli proposti da omissis, omissis ha interesse ad impugnare l’ordinanza in esame solo in punto spese e condanna ex art. 8, D.Lgs. n. 28 del 2010. Quanto alla sanzione ex art. 8, stante l’identità di ragioni richieste per la riforma del relativo capo con i motivi indicati da omissis, si richiama quanto già detto sopra. Per quanto riguarda, invece, la compensazione delle spese di lite, il Giudice di primo grado ha contestato la condotta preprocessuale di omissis, evidenziandone la scorrettezza per non aver comunicato da subito, sin dalla mediazione cui non aveva partecipato, che il terreno non era più di sua proprietà. Inoltre, nulla era stato comunicato neppure nel periodo antecedente l’instaurazione della causa. Parte appellata ha evidenziato la legittimità della propria pretesa, ad una valutazione ex ante, dal momento che la CTU del geom. omissis aveva evidenziato che la costituzione di una servitù avrebbe dovuto coinvolgere il terreno che all’epoca sembrava appartenere a omissis. Inoltre, lo stesso omissis non si era limitato a negare la propria legittimazione, ma aveva speso difese nel merito in relazione alla insussistenza dei requisiti per la costituzione coattiva della servitù.

Il ragionamento seguito dal Tribunale per compensare le spese di lite è condivisibile, omissis avrebbe potuto agevolmente evitare la sua partecipazione al presente giudizio partecipando alla mediazione e lì rendere edotta la controparte dell’intervenuta cessione. Non avendo tenuto tale comportamento

doveroso con una condotta che ha effetti processuali, come si evince dall’art. 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010, ha dato causa alle sue spese di lite; a questo, deve aggiungersi che omissis ha proposto una domanda ex art. 96 c.p.c. sulla quale è risultato soccombente ed ha interloquito nel merito dell’esistenza del diritto alla costituzione della servitù, mentre la parte appellata ha da subito rinunciato ad ogni domanda nei suoi confronti (si veda verbale del 10 giugno 2013). Tali circostanze giustificano la compensazione delle spese di lite. Non è stato evidenziato in cosa consisterebbe il danno subito ex art. 96 c.p.c., ragion per cui la relativa domanda deve essere respinta. Anche omissis ha impugnato la sentenza, in relazione alla decisione del Tribunale di compensare le spese di lite. Parte appellante ha contestato la statuizione sul punto, sia per la temerarietà della pretesa di parte appellata, che avrebbe voluto che la servitù passasse sul fondo di sua proprietà mapp. omissis quando era evidente ictu oculi che questo era inadeguato, sia perché non aveva applicato correttamente il principio della soccombenza.

Il Tribunale ha motivato la compensazione delle spese di lite sulla base della considerazione che la omissis aveva instaurato il presente giudizio sulla base della CTU disposta nel corso del giudizio di divisione, che aveva riconosciuto l’interclusione dei suoi fondi ed identificato il percorso per la costituzione della servitù di passo facendo riferimento anche al terreno di proprietà del omissis. Secondo il Tribunale, solo nel corso di nuove indagini tecniche disposte nel corso del giudizio, era emersa la possibilità di un diverso e più adeguato passaggio. L’argomentazione è coerente con la normativa sulle spese di lite. La possibilità di realizzare il percorso indicato dal geom. omissis è una novità fattuale emersa solo nel corso del giudizio e conoscibile solo per il tramite di nozioni tecniche, non nella disponibilità della parte (tant’è che si è reso necessaria una CTU che è arrivata a conclusioni diverse da quelle fatte da altro esperto del Tribunale).

Tale circostanza giustifica la compensazione delle spese di lite.

La giurisprudenza infatti, afferma che “Ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., come riformulato dalla L. n. 69 del 2009 (“ratione temporis” applicabile), la compensazione delle spese legali può essere disposta, in difetto di soccombenza reciproca, per “gravi ed eccezionali ragioni”, tra le quali, trattandosi di nozione elastica, rientra la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso omissis. Considerato, peraltro, che sono state esaminate questioni comuni, la liquidazione dei compensi si è attenuta ai minimi di valore indeterminabile complessità bassa, esclusa la fase istruttoria dell’appello. Le parti appellanti sono, poi, tenute al versamento del doppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Respinge gli appelli proposti e per l’effetto conferma la ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. del Tribunale di Massa omissis;

condanna omissis a rifondere a omissis le spese di lite, spese di lite che liquida, per ciascun soccombente, in Euro 3.308,00 oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto che sussistono i presupposti per il pagamento da parte degli appellanti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002.

Così deciso in Genova, il 13 luglio 2020.

Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2020.

 

 


Archiviato in:Giurisprudenza, Mediazione

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