Credito bancario: tassi che determinano l’usura.
L’accertamento del tasso usurario è oggetto della giurisprudenza di merito che giunge a soluzioni diverse.
Questione controversa è la determinazione del tasso soglia con riguardo alle clausole che prevedono l’applicazione di interessi diversi da quelli corrispettivi e la possibilità di sommare gli interessi di mora agli interessi corrispettivi.
Il divieto di cumulo
Nell’ordinanza del 22 gennaio scorso, il Tribunale di Genova si è occupato di un mutuo fondiario che prevedeva un tasso di interessi corrispettivi fissi per le prime quattro rate, per le successive un tasso variabile e infine un diverso e maggiore tasso per gli interessi moratori.
“Euribor” è il tasso di interesse medio applicato tra istituti di credito europei c.d. primari per operazioni interbancarie di prestito a breve termine (in Euro); tale tasso viene rilevato giornalmente dalla European Banking Federation (EBF) in base alle segnalazioni quotidianamente effettuate all’agenzia Reuters da oltre cinquanta banche individuate tra quelle che presentano il maggiore volume di affari in Euro.
Dal momento che tale tasso afferisce a prestiti privi di rischio o risk free (in quanto le principali banche europee, che ricevono il prestito, si presumono solvibili), il tasso di interesse parametrato all’Euribor, pattuito in contratti quali mutui a tasso variabile, definisce la rischiosità e il costo dell’operazione a seconda di quanto è ampia la differenza (lo spread) rispetto all’Euribor stesso.
Dunque, poiché i tassi di interesse si compongono tanto del suddetto indice, quanto del citato spread, e posto che è appunto quest’ultimo a definire il costo dell’erogazione del mutuo, non può dirsi, in mancanza di altri elementi, che proprio il riferimento a un Euribor falsato avrebbe determinato l’asserita e non provata usura.
Il debitore, che sosteneva esservi usura, chiedeva di addizionare interessi corrispettivi e interessi moratori e di confrontare il complesso delle somme monetarie dovute, maturate nel tempo a diverso titolo, con il tasso effettivo globale medio (Tegm).
Secondo il Tribunale di Genova invece il tasso soglia va confrontato con un altro tasso e non con una somma di denaro ed è errato sommare interessi corrispettivi e moratori, destinati ad essere applicati disgiuntamente, in momenti diversi e per assolvere a funzioni diverse.
Gli interessi corrispettivi remunerano la messa a disposizione di una data somma di denaro da parte del mutuante e si applicano soltanto sul capitale a scadere (articolo 1282 del Codice civile); gli interessi di mora compensano il danno patito dal mutuante per il ritardo nella restituzione del capitale e si applicano soltanto sul debito scaduto (articolo 1224 del Codice civile).
Il tasso di mora sostituisce in toto quello corrispettivo nel momento in cui matura in capo al mutuatario l’obbligazione restitutoria.
Quindi essi vanno confrontati con il parametro di usurarietà separatamente gli uni dagli altri. E gli interessi moratori vanno confrontati con il Tegm e non con il tasso interno di rendimento, che, sulla base di una proiezione futura di ipotetici ritardi nel pagamento delle rate, presume quale possa essere il conseguente rendimento del prestito per il soggetto mutuante.
Non deve invece entrare nel calcolo del tasso annuo effettivo globale praticato dal mutuante il cosiddetto tasso effettivo di estinzione anticipata, che ha la funzione di indennizzare il mutuante per la perdita del rendimento (in termini di interessi corrispettivi non più dovuti) del rapporto anticipatamente cessato.
È una penale di cui il mutuatario si fa carico se decide unilateralmente di sciogliersi anzitempo dal vincolo negoziale. Tale onere non costituisce un costo del prestito di denaro, ma un elemento accidentale del mutuo, di applicazione meramente eventuale.
Il via libera condizionato
Il Tribunale di Chieti nella sentenza del 31 gennaio scorso ha invece ammesso la possibilità di procedere ad una sommatoria tra interessi di mora e interessi corrispettivi, qualora il contratto la prevedesse in clausole del tipo «il mancato integrale pagamento di numero X di rate determinerà interessi di mora nella misura di X punti percentuali in più sul tasso originario». Al cumulo quindi si deve procedere qualora il calcolo della mora derivi dalla somma concordata tra le parti degli interessi corrispettivi e di quelli aggiunti in caso di inadempimento.
La sentenza Tribunale di Macerata del 28 dicembre 2018 ha poi ritenuto che per calcolare l’usurarietà del tasso di mora bisogna tenere conto della loro funzione sanzionatoria dell’inadempimento e ha seguito il criterio fissato da Bankitalia che indica in una percentuale del 2,1% la maggiorazione media da operare con riguardo ai tassi moratori medi.
In tema di contratto di mutuo, l’articolo 1 della legge 108/1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (nella specie, la Corte ha cassato una sentenza che aveva escluso la possibilità di ritenere usurari gli interessi relativi a due contratti di mutuo solo in ragione della non cumulabilità degli interessi corrispettivi e di quelli moratori) (sentenza n. 5598 del 6 marzo 2017).
È quindi nullo il patto con il quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia previsto dall’articolo 2 della legge 108/1996, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali e calcolato senza maggiorazioni o incrementi (ordinanza n. 27442 del 30 ottobre 2018).
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