Usucapione tra parenti non è possibile!
L’usucapione è un istituto introdotto dal legislatore per tutelare la proprietà e premiare chi si prende cura dei beni. L’istituto può avere a oggetto beni mobili, mobili registrati, universalità di beni mobili, immobili (edifici, terreni, case, appartamenti) e persino eredità.
Gli elementi costitutivi dell’usucapione sono il possesso e il trascorrere del tempo. In particolare il possesso deve essere esercitato con la convinzione e la volontà di tenere il bene per se. Il comportamento del possessore, dal punto di vista psicologico, deve quindi coincidere con quello del proprietario.
La diretta e immediata conseguenza di questo assunto è l’impossibilità di usucapire un bene di cui si conosce il legittimo proprietario dal quale si è ricevuto l’incarico di occuparsene o il permesso di utilizzarlo.
Un esempio calzante di quest’ultima ipotesi si ha nel caso in cui i genitori concedano in comodato un’immobile ai propri figli.
Può un figlio usucapire una casa o un terreno di proprietà dei genitori?
Poniamo il caso che due genitori concedano al loro figlio o figlia un appartamento o una casa in comodato d’uso gratuito senza stabilire alcun termine di consegna o comunque dando loro la disponibilità di utilizzarlo fino a quando non saranno in grado di acquistarne una loro.
Nel caso in cui i genitori non ne chiedano mai la formale restituzione, il figlio può usucapire l’immobile ricevuto in comodato dopo ben 20 anni di utilizzo?
Molteplici sentenze hanno negato totalmente la possibilità di usucapire i beni dei genitori, fondando il loro ragionamento sugli atti di tolleranza.
Impossibile quindi l’usucapione tra parenti: il genitore proprietario del bene sa che il figlio sta utilizzando il suo immobile e lo tollera.
La stretta parentela esclude che vi possa essere possesso utile ai fini dell’usucapione sull’immobile concesso in comodato.
Niente usucapione tra familiari e parenti stretti: come stabilito dalla sentenza del Tribunale di Aosta n. 21 del 18.01.2016 e come confermato da vari Tribunali come la recente sentenza del Tribunale di Tivoli n. 326 del 22.02.2017 che di fatto sancisce l’impossibilità di usucapire beni da parte di figli.
Perché si possa usucapire un immobile, infatti, occorre non solo averlo utilizzato per 20 anni, ma anche esercitare sullo stesso il possesso tipico del proprietario: e, cioè, usarlo come farebbe il proprietario, appunto. Cosa che, nei rapporti tra parenti, non è possibile. Sulla base di quanto detto, secondo il Tribunale di Tivoli, il figlio non può usucapire l’immobile di proprietà del genitore, anche se quest’ultimo gli ha permesso di usare il bene. Tra l’altro, questa è una situazione molto frequente tra genitori e figli: i primi danno la possibilità ai secondi di abitare nella casa di loro proprietà, magari fino a quando non si sposano o trovano un lavoro e, spesso, passano anni senza che mamma e papà chiedano indietro la casa. Eppure, sulla base di questo, il figlio non può dire di aver usucapito. Tutt’al più, dice la sentenza, si può dire che la casa sia stata concessa loro dai genitori in comodato gratuito.
L’usucapione è escluso tutte le volte in cui il proprietario del bene sia a conoscenza del fatto che un altro soggetto stia utilizzando il proprio immobile per i propri bisogni e, ciò nonostante, tolleri tale situazione, consentendoglielo espressamente. Se non fosse così, l’inquilino che sta per 20 anni in affitto, diverrebbe proprietario della casa locata.
se il proprietario tollera l’uso del suo bene da parte di un’altra persona non si ha possesso ma detenzione. Per non confondere questi due concetti, vediamo la differenza:
Bisogna distinguere tra possesso e detenzione:
il possesso si ha quando una persona si comporta verso un dato bene altrui come se ne fosse il proprietario, senza però esserlo. Ad esempio, il ladro è un possessore perché si comporta verso il bene rubato come se ne fosse il proprietario, ma non lo usucapisce perché ha acquistato il possesso violentemente: si legga L’usucapione: cos’è e come funziona, per capire quali sono le caratteristiche del possesso utili ai fini dell’usucapione);
la detenzione si ha quando chi utilizza il bene altrui riconosce l’altrui diritto. Tipico esempio di detentore è quello dell’inquilino: pagando il canone, il conduttore non fa altro che riconoscere il diritto di proprietà di chi gli ha concesso in locazione il bene.
L’usucapione tra conoscenti e amici:
per quanto il legame di affetto tra persone possa essere stretto, è sicuramente più labile e mutevole ed è molto difficile essere tolleranti per tempi lunghissimi [2]: ecco perché se, ad esempio, l’immobile viene concesso per molti anni a un semplice amico o a un vicino, è molto probabile che ciò avvenga non per tolleranza ma per semplice indifferenza e, in tal caso, l’usucapione produce i suoi effetti.
Tale orientamento è stato sancito dalla sentenza n. 16371/2015 della Corte di Cassazione che ha ribadito il principio secondo il quale la tolleranza che esclude l’acquisto del possesso per intervenuto usucapione assume caratteri differenti a seconda che vengano in rilievo legami di stretta parentela o rapporti di semplice vicinato e/o amicizia.
Il fattore Tolleranza:
la tolleranza è caratterizzata da due elementi:
– uno di carattere temporale, costituito dalla breve durata;
– l’altro di carattere sostanziale, consistente limitata ingerenza nel diritto tollerato.
Qualora manchi uno dei due parametri, di regola si può presumere che non possa trattarsi di “tolleranza” tra vicini o amici o conoscenti e che vi sia stato l’acquisto del possesso necessario ai fini dell’usucapione.
Tuttavia, nel caso in cui entrino in gioco vincoli di stretta parentela, ben può accadere che la tolleranza si protragga per un arco di tempo ben più ampio della norma e che l’incidenza del godimento assentito sia maggiore.
Ne consegue che colui che intende ottenere una pronuncia di accertamento di intervenuta usucapione è di fatto soggetto ad un onere probatorio più rigoroso per superare la presunzione di tolleranza laddove egli sia avvinto da un vincolo di stretta parentela con gli altri eredi.
In tema di acquisto del possesso per usucapione, al fine di valutare se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale sia compiuta con l’altrui tolleranza, e sia quindi idonea all’acquisto del possesso, la lunga durata di tale attività può integrare un elemento presuntivo in favore dell’esclusione di una semplice tolleranza qualora si verta in rapporti di mera amicizia o di buon vicinato e non di parentela, tenuto conto che in relazione ai primi, di per sé labili e mutevoli, è più improbabile il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo” (cfr. Cass. civ. sez. II, Sent., 04-08-2015, n. 16371).
Come è possibile usucapire un bene e quali sono i presupposti e i costi?
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