Rispondere a uno schiaffo, un pugno o uno spintone: quando la reazione è superiore al pericolo.
A seguito di un diverbio, un uomo tira un pugno e poi indietreggia e prima che possa andare via, il soggetto che ha ricevuto il colpo si rialza di scatto e lo aggredisce stendendolo a sua volta e rompendogli il naso; l’uomo a sua volta aggredito ha sporto denuncia per lesioni personali.
Chi dei due avrà la meglio in un eventuale processo penale?
La risposta è stata fornita dalla Cassazione con una recente e interessante sentenza che ha visto, sul tavolo degli imputati, due uomini colpevoli di reciproche aggressioni.
Alla Corte è stato posto il seguente quesito: quando si parla di legittima difesa, la reazione è legale?
Rispondere cioè con la stessa “moneta” a uno spintone, a un pugno, a uno schiaffo o al tentativo di aggressione, e in tal modo provocare una lesione fisica a chi ha iniziato la scaramuccia, può essere considerato una forma di difesa?
Oppure è da ritenere anche tale comportamento vietato al pari di quello che ha dato inizio alla rissa?
Ecco qual è stata la risposta della Suprema Corte in merito.
Se si pensa di farla franca sostenendo la legittima legittima difesa abbiamo sbagliato tattica.
Per potere essere legittima, la difesa da un’aggressione non deve essere frutto di un’identica intenzione violenta.
Lo puntualizza la V sezione penale della Corte di cassazione che, nella sentenza n. 17787, ha precisato che l’art. 52 c.p. opera solamente se un soggetto colpisce taluno «per evitare di essere da questo picchiato, [non se lo scopo è quello di] aggredirlo a sua volta e in tal modo punirlo per l’aggressione ricevuta».
Secondo la Suprema Corte, infatti, «la configurabilità dell’esimente della legittima difesa deve escludersi nell’ipotesi in cui lo scontro tra due soggetti possa essere inserito in un quadro complessivo di sfida, giacché, in tal caso, ciascuno dei partecipanti risulta animato da volontà aggressiva nei confronti dell’altro e quindi indipendentemente che le intenzioni siano dichiarate o siano implicite al comportamento tenuto dai contendenti, nessuno di loro può invocare la necessità di difesa in una situazione di pericolo che ha contribuito a determinare e che non può avere il carattere dell’inevitabilità».
La legittima difesa può quindi essere invocata da un soggetto solo se «costretto dalla necessità di difendersi», e non «perché animato da un proposito di vendetta».
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